Giuseppe, fotografo e content creator – MUS.E Digital Ambassador

Quattro per quattro: quattro Digital Ambassador per quattro interviste.

 

Proseguiamo nella conoscenza dei nostri amici digitali, oggi è il turno di Giuseppe!

Giuseppe Mondì, maremmano di nascita, ha sangue siculo che gli scorre nelle vene. E’ cresciuto a Porto Ercole, piccola gemma toscana, con il profumo del mare ad accompagnare la sua infanzia ma è fiorentino d’adozione. Da più di dieci anni si occupa di comunicazione e fotografia, dalla sua esperienza nel settore nasce un progetto di storytelling territoriale di grande successo dedicato alla bellezza dell’Italia: What Italy Is.

Come pensi che le immagini cambino la percezione dei luoghi della cultura? Soprattutto in questa epoca in cui tutti siamo po’ “fotografi”

Le immagini modificato la percezione di ogni cosa, non solo i luoghi della cultura. Le immagini sono la forma di comunicazione più forte che si possa utilizzare in questo momento storico, una giusta comunicazione può fare la fortuna dei luoghi della cultura, proprio come una errata comunicazione può avere effetti devastanti. Ci sono territori che hanno avuto una vera e propria rinascita grazie alle immagini create e condivise prima dagli utenti e poi dagli influencer (ma ancora più spesso il contrario). Paesaggi della nostra amata Italia sono diventati iconici grazie a “semplici” immagini, provate a visitare in un weekend primaverile le Cinque Terre o Civita di Bagnoregio e capirete quanto determinati luoghi, grazie alle immagini e ai social network, hanno avuto una vera e propria esplosione turistica. Per non parlare ovviamente di città come la nostra Firenze che viene spesso “vissuta” dai turisti totalmente dietro uno schermo di uno smartphone che immortala attraverso migliaia di foto ciò che racconta il territorio.

Firenze è senza alcun dubbio una delle città più fotografate del mondo, credi che il settore della cultura dovrebbe cogliere meglio questa opportunità?

Firenze è così bella che ci sarebbe sempre qualcosa in più da fare. È una città che può lasciarvi a bocca aperta ogni giorno, anche se la conoscete e la vivete da anni ed anni. Proprio questa estrema bellezza è anche un peso enorme da portarsi dietro. Il rischio è di rimanere sempre legati ad una bellezza classica, con la conseguenza che si possa perdere il gusto di rischiare e ti guardare con occhi positivi al futuro, di rimanere quasi incatenati ad un passato che diventa non più risorsa ma vincolo.

Come pensi che il visual storytelling possa essere di aiuto nella promozione dei musei?

Il visual storytelling può aiutare sempre per la promozione, sia che si abbia a che fare con un brand, sia che si abbia a che fare con un museo. Per quest’ultimo lo storytelling è parte intrinseca di ciò che si mostra, il museo già di per se ha qualcosa da raccontare, specialmente in una città come Firenze. Le immagini, i video e il visual storytelling possono aiutare ad ampliare e amplificare il messaggio e perché no, a semplificarlo, dandogli sfaccettature ben più ampie a seconda del soggetto che crea il contenuto. Ciò che racconto io è sicuramente diverso rispetto a quello che potrebbe vedere o raccontare la persona che legge queste mie parole. Questo perché il nostro background è diverso, le nostre menti hanno impostazioni diverse e rispondono a stimoli diversi.
È proprio questo che rende bello e unico il racconto fatto da più persone.

Cosa ti aspetti dalla partecipazione a questo progetto?

Spero di stupirmi costantemente.
Firenze mi regala spesso espressioni come “wow”, “pazzesco”, “che bellezza”, anche su cose che ho visto e rivisto negli anni ma questa città ha un potere nascosto. Provate e passare 100 volte da Piazzale Michelangelo e non sospirare ogni volta. Oppure entrare alla Biblioteca delle Oblate, salite all’ultimo piano e provate a non dire “pazzesco”. Questo mi aspetto da questa collaborazione, il potermi stupire e poterlo raccontare come meglio posso.

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