Codice Rustici. Uno sguardo rinascimentale su Firenze d’oggi
al 28 Aprile 24
Il pregiato Codice Rustici – opera di Marco di Bartolomeo Rustici, maestro orafo fiorentino vissuto tra la fine del Trecento e la prima metà del secolo successivo – custodito presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile Maggiore di Firenze è al centro della mostra Codice Rustici. Uno sguardo rinascimentale su Firenze d’oggi, allestita nel Cortile di Michelozzo di Palazzo Vecchio, curata da Cristina Acidini ed Elena Gurrieri e promossa dal Comune di Firenze in collaborazione con MUS.E. La mostra, visitabile gratuitamente dal 5 al 28 aprile e allestita nel primo cortile del palazzo – che proprio negli anni in cui il Rustici lavorava al suo testo conobbe un importante rinnovamento grazie a Michelozzo di Bartolomeo, suo coetaneo – vede esposte le principali immagini presenti nel volume, corredate di testi esplicativi utili a comprendere storia e fisionomia delle architetture illustrate nella loro evoluzione fino a noi.
Il poderoso manoscritto da lui redatto, intitolato Dimostrazione dell’andata o viaggio al Santo Sepolcro e al Monte Sinai, è infatti non solo un viaggio verso la meta ideale di Gerusalemme e della Terrasanta ma anche un ricordo della sua città, Firenze, ponendosi pertanto fra i punti di riferimento primari per ricostruirne il volto nel primo Rinascimento. È il motivo per cui il volume è assai noto ed è stato a più riprese consultato e studiato quale fonte accurata, in grado di restituire forme e dettagli dei più rilevanti monumenti cittadini, con un’attenzione speciale alle architetture dedite alla fede, all’accoglienza e alla carità. Il pregiato Codice Rustici è stato a più riprese approfonditamente analizzato dalle studiose Cristina Acidini ed Elena Gurrieri.
L’opera di Marco di Bartolomeo Rustici ci riporta idealmente al tempo in cui Firenze immaginava e costruiva la propria ascesa economica e culturale, disegnando il volto della città che tuttora il mondo ammira: molto celebri sono le sue illustrazioni del Battistero, di Santa Maria del Fiore o dello Spedale degli Innocenti, per citarne solo alcune, finemente eseguite a matita e inchiostro, bistro e preziosi pigmenti colorati.
Nel rapporto con la città di oggi, il pubblico potrà ripercorrere le vie fiorentine di metà Quattrocento approfondendo i caratteri di una città “bella e devota”, ove le architetture e le arti tutte esprimono il senso di una comunità solidale, stretta intorno ai luoghi della spiritualità, dell’accoglienza e dell’aiuto reciproco. Una geografia sacra che Marco di Bartolomeo senza dubbio sentiva e viveva, guardando alla sua città come un ideale luogo di spiritualità, un tracciato materiale intriso di bellezza ove poter cercare – quasi come in una nuova Gerusalemme – quella concordia e quella tensione verso il meglio che l’umanità da sempre cerca sulla terra: come scrive egli stesso al termine del suo scritto, “essendo io ritornato nella mia patria e avendo veduto e inteso molte provincie e città le quali sono per l’universo del mondo, mi parve esser tornato nel paradiso”.