Il complesso delle Murate è un luogo denso di memoria che attraversa i secoli, dal Quattrocento a oggi: da convento femminile a carcere cittadino a centro di arte contemporanea. L’attività è articolata in due appuntamenti: il primo incontro prende avvio dalla visita del Carcere Duro, la zona detentiva più severa, per approfondire nello specifico il difficile periodo che visse Firenze durante il fascismo, conoscere i protagonisti di quella fase storica e le loro storie fatte di luci ed ombre. Il secondo incontro coinvolge i partecipanti in un laboratorio performativo-multimediale che permette l’elaborazione dei temi affrontati utilizzando i linguaggi della contemporaneità.
Progetto realizzato in collaborazione con Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.
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La visita consente di avvicinarsi all’arte del Novecento, con un’attenzione specifica all’Italia e a Firenze: in questo senso, un focus particolare è dedicato alla preziosa Raccolta Alberto Della Ragione – che include grandi capolavori artistici e che permette di leggere sottotraccia i principali avvenimenti storici degli anni tra le due guerre – e al lascito del grande pittore fiorentino Ottone Rosai. Oltre alla collezione permanente, le diverse mostre temporanee e i progetti speciali permettono di addentrarsi nelle molteplicità delle arti del XX e del XXI secolo, caratterizzate dalla pluralità di linguaggi, di temi e di ricerche.
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Il convento di Santa Maria del Carmine racchiude un vero e proprio tesoro dell’arte rinascimentale: la cappella voluta da Felice Brancacci e dipinta dai grandi maestri Masolino, Masaccio e Filippino Lippi. La proposta consentirà di leggere le diverse scene delle storie di San Pietro centrando l’attenzione sulle novità stilistiche e costruttive introdotte dal giovane Tommaso, chiamato Masaccio per sua “straccurataggine” – come scrive Vasari – ma divenuto universalmente noto per la portata rivoluzionaria della sua arte.
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La visita permette di conoscere il Memoriale italiano di Auschwitz – opera d’arte contemporanea un tempo collocata nell’ex campo di sterminio e oggi esposta a Firenze – e di approfondire la storia della memoria della deportazione italiana. Monito per la memoria, simbolo tragico di una storia lontana che non deve tornare attuale, il Memoriale italiano di Auschwitz fu il frutto della volontà dell’Aned (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti) e di una progettazione collettiva e corale a cui contribuirono lo studio di architettura di Milano BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers), lo scrittore Primo Levi, il pittore Mario “Pupino” Samonà, il regista Nelo Risi ed il compositore Luigi Nono.
Fu inaugurato nel 1980 nel Blocco 21.
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Se fossimo giunti all’ingresso del palazzo di via Mozzi tra fine Ottocento e inizio Novecento, ad accoglierci avremmo trovato l’antiquario Stefano Bardini, pronto ad accompagnarci in visita nel suo esclusivo negozio e ad affascinarci con i suoi incredibili capolavori. Capolavori di ogni genere artistico, acquisiti grazie al suo occhio esperto nel vivace mercato del tempo ed esposti alla vendita secondo un gusto decisamente suggestivo, fra pareti blu, giochi di pieni e di vuoti, luci evocative. Meta dei più importanti collezionisti e direttori dei musei del mondo, questo straordinario luogo e le sue collezioni vennero lasciati alla Città di Firenze alla sua morte, nel 1922, diventando patrimonio civico. Per il tempo di una visita i partecipanti potranno respirare la stessa atmosfera elegante dell’epoca Bardini e rivivere l’incanto che l’arte generava negli occhi suoi e dei suoi ospiti, immergendosi in una esperienza dell’arte che intreccia gusto, senso estetico, capacità di analisi.
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Dopo un breve percorso in Palazzo, che consente di comprendere le principali caratteristiche della residenza ducale, i partecipanti avranno l’onore di essere ricevuti in udienza dal Duca Cosimo I de’ Medici o dalla Duchessa Eleonora di Toledo. Il dialogo con il personaggio storico permetterà un confronto diretto tra la società della Firenze cinquecentesca e l’oggi, inducendo a riflettere su codici, gusti e abitudini del presente – oltre a quelli del passato – e restituendo alla meravigliosa decorazione della Reggia medicea un preciso significato storico e politico.
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In passato la concezione dell’igiene personale non era certo uguale alla nostra: ci si lavava molto meno frequentemente, l’acqua era usata con molta parsimonia e c’erano addirittura medici che sconsigliavano la pratica del bagno, cosicché le malattie si diffondevano molto più velocemente. La famiglia ducale da questo punto di vista ha costituito un’eccezione; Cosimo I infatti si fece costruire in Palazzo Vecchio una stanza da bagno con tutti i confort. Attraverso una pièce teatrale che vede la Duchessa Eleonora aiutata da donna Lisabetta nei gesti quotidiani del risveglio mattutino, i partecipanti avranno l’occasione di comprendere quanto differente da oggi fosse nel Cinquecento la concezione del corpo, dell’abbigliamento e dell’igiene personale per capire quanto l’acqua sia, sotto tutti gli aspetti, un bene davvero prezioso.
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Grazie a
La storia di Firenze si intreccia in modo inestricabile con le vicende della famiglia Medici, che dal XV al XVIII secolo assumono un ruolo preponderante nella vita e nello sviluppo della città. L’asse viario che attraversa il centro storico da nord a sud è in questo senso costellato di architetture riconducibili alla storia dei Medici: il convento di san Marco, il giardino botanico, Palazzo Medici-Riccardi, la basilica di san Lorenzo e le cappelle medicee, piazza della Signoria con Palazzo Vecchio e gli Uffizi, il corridoio Vasariano che corona Ponte Vecchio e, infine, palazzo Pitti.
L’itinerario prende avvio da Palazzo Vecchio per concentrarsi su alcune di queste prestigiose architetture ma anche su dettagli meno noti che agli occhi attenti rivelano una presenza medicea quali lo stemma di famiglia, il Toson d’oro, la tartaruga con la vela, il capricorno o le api.
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