MOSTRA Museo Novecento

Helen Chadwick – Life Pleasures

BIGLIETTI a partire da€ 4,50
dal 25 Novembre 25
al 01 Marzo 26
ACQUISTA IL BIGLIETTO
Un allestimento che restituisce la complessità e la varietà della produzione di Chadwick attraverso nuclei tematici che ne ripercorrono la carriera dagli anni Settanta ai Novanta
Orari
01 Gennaio - 31 Dicembre
LUN 
11:00 - 20:00
MAR 
11:00 - 20:00
MER 
11:00 - 20:00
GIO 
Chiuso
VEN 
11:00 - 20:00
SAB 
11:00 - 20:00
DOM 
11:00 - 20:00
Dove
Complesso dello Spedale delle Leopoldine P. Santa Maria Novella 10, Firenze
Biglietti
€ 9,50
Intero
€ 4,50
Ridotto (18-25 anni)
€ 0,00
fino a 18 anni; gruppi di studenti e rispettivi insegnanti; guide turistiche, iscritti al Corso di Guida Turistica 2016 e interpreti; disabili e rispettivi accompagnatori; membri ICOM, ICOMOS e ICCROM.
€ 5,00
Visite guidate e attività (NON residenti città metropolitana)
€ 2,50
Visite guidate e attività (residenti città metropolitana)
La biglietteria chiude un'ora prima del museo.

Museo Novecento presenta Helen Chadwick: Life Pleasures, la prima grande mostra in Italia dedicata a una delle artiste britanniche più radicali e influenti della seconda metà del Novecento, a cura di Sergio Risaliti, Stefania Rispoli e Laura Smith. Realizzata in collaborazione con The Hepworth Wakefield e la Kunsthaus Graz, dove approderà dopo Firenze, l’esposizione inaugura simbolicamente il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Prima retrospettiva di tale portata da oltre venticinque anni, la mostra ripercorre l’intera carriera di Helen Chadwick (1953–1996), dalle prime opere come In the Kitchen (1977) fino alle celebri sculture Piss Flowers (1991–92), mettendo in luce la natura profondamente sperimentale e anticonvenzionale della sua ricerca.

Stimolando tutti i sensi — vista, udito, tatto, olfatto e gusto — Chadwick concepiva le proprie opere per suscitare un’ampia gamma di emozioni: entusiasmo e meraviglia, desiderio e tenerezza, ma anche repulsione e disgusto. Per ottenere questi effetti utilizzava materiali eterogenei, spesso insoliti o grotteschi, combinando una straordinaria abilità tecnica con una curiosità instancabile per i limiti dei media artistici. La sua pratica spaziava tra scultura, installazione, fotografia, stampa e performance, ridefinendo continuamente il concetto stesso di opera d’arte.

Femminista convinta, al tempo stesso giocosa, indisciplinata e sontuosa, Chadwick indagava l’idea di “esperienza” per affrontare temi legati al femminismo, alla sessualità, alla malattia e alla bellezza, superando i confini di ciò che è comunemente considerato “tradizionale” o “bello”. Nei suoi lavori ricorrono elementi naturali e materiali quotidiani: orchidee, campanule, ranuncoli, tarassaci, narcisi, tulipani, rose, margherite e caprifogli, ma anche cioccolato, pellicce, capelli, bagnoschiuma, latte, ostriche, carne, olio motore, verdure in decomposizione, lombrichi, urina e cellule — fino al corpo stesso dell’artista, protagonista di molte delle sue sperimentazioni.

Fin dagli esordi universitari Chadwick si è imposta come una figura di riferimento tra gli artisti contemporanei britannici del dopoguerra, diventando nel 1987 una delle prime donne candidate al Turner Prize. Dalla fine degli anni Ottanta ha insegnato in alcune delle più prestigiose scuole d’arte londinesi, influenzando una nuova generazione di artisti — i Young British Artists — tra cui Tracey Emin, Sarah Lucas e Damien Hirst. Il suo impatto sulla scena artistica britannica, come artista e come insegnante, è stato profondo, e la sua eredità rimane oggi viva e riconoscibile.

Chadwick è ricordata per la ricchezza formale, la padronanza dei materiali, la sensibilità tecnologica e l’incredibile capacità di unire sperimentazione e rigore. La retrospettiva al Museo Novecento intende restituire la piena attualità del suo lavoro, sottolineando la sua capacità di affrontare questioni femministe ancora urgenti e di trasformare la cultura materiale con uno sguardo sempre curioso, ironico e sorprendente.

L’allestimento, curato da Sergio Risaliti, Stefania Rispoli e Laura Smith, restituisce la complessità e la varietà della produzione di Chadwick attraverso nuclei tematici che ne ripercorrono la carriera dagli anni Settanta ai Novanta. Le sue opere, sempre intrise di humour e sensualità, oscillano tra desiderio e decadenza, celebrando la vitalità della materia e la sua incessante metamorfosi.

Il percorso espositivo si apre con il ciclo Lofos Nymfon (1992-1993), in cui l’artista intreccia memoria personale, mito e simbolismo materno. L’opera, ispirata alla madre Aggeliki Chadwick, nata ad Atene, segna un ritorno simbolico alle origini elleniche dell’artista. All’interno di forme ovali e simboli archetipici – l’uovo, l’utero, il ventre, l’ombelico – Chadwick costruisce un dialogo intimo tra madre e figlia, corpo e mito. Le immagini alternano gesti di cura e sostegno reciproco sullo sfondo di luoghi sacri come il Partenone o il monte Licabetto, evocando un desiderio ancestrale di unione, protezione e rinascita.

Nell’opera The Oval Court (1984–86) i corpi femminili e forme barocche si fondono in un’orgia visiva di piacere e rinascita, dodici immagini di Chadwick sembrano nuotare immerse in un mondo fantastico di flora e fauna. L’opera rappresenta un esercizio intenso e molto evocativo di autorappresentazione: una celebrazione gioiosa e senza inibizioni dell’unione del corpo dell’artista con la natura. The Oval Court è stata realizzata tramite fotocopie realizzate con una macchina Xerox, un mezzo che l’artista apprezzava per la sua straordinaria immediatezza ed efficienza. L’opera fonde numerosi riferimenti all’architettura rococò e barocca e alla Storia dell’Arte: le pose e le espressioni del suo corpo si ispirano a capolavori come Le Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini (1647–52), La chemise sollevata di Jean-Honoré Fragonard (c. 1770) e L’Odalisca bionda di François Boucher (1775).

L’opera In the Kitchen (1977), uno dei primi lavori di Chadwick, era stata concepita inizialmente come performance e prevedeva una serie di sculture indossabili che ricordavano i principali elettrodomestici da cucina, come un frigorifero, un forno, una lavatrice, etc.

Questi “costumi” – a metà strada tra abiti e mobili – erano realizzati con strutture in metallo rivestite da un involucro morbido in PVC bianco. Chadwick, insieme ad alcune sue compagne di corso, li indossò durante una performance in cui canto, parole e movimento si combinavano a una colonna sonora composta da frammenti di trasmissioni radiofoniche diurne rivolte a un pubblico femminile. Attraverso la fusione simbolica tra il corpo femminile e gli elettrodomestici, l’artista metteva in evidenza gli stereotipi legati alla domesticità. Le strutture limitavano i movimenti delle performer, costringendole a gesti meccanici e talvolta involontari, mentre gli elettrodomestici assumevano tratti antropomorfi e sensuali: i fornelli richiamavano il seno e l’oblò della lavatrice evocava un ventre gravido.

Tra le opere in mostra anche la serie Wreaths to Pleasure, fotografie circolari che raffigurano composizioni di fiori, petali e boccioli sospesi in vari liquidi — dal succo di pomodoro al latte, dal detersivo per piatti al cioccolato. La fluidità delle sostanze contrasta con la staticità delle composizioni, generando immagini intense e perturbanti. Le cornici circolari richiamano forme biologiche e cellulari, evocando gli elementi costitutivi della vita. Il termine wreaths (“ghirlande”) rimanda al tema del cordoglio e della morte, ma Chadwick definiva queste opere anche bad blooms — “fioriture cattive” o corrotte — per sottolinearne l’ambiguità vitale e sensuale.

In Piss Flowers (1991–92), tra le sue opere più iconiche, l’artista sperimenta con l’urina propria e quella del compagno David Notarius, utilizzandole per modellare sculture di gesso poi fuse in bronzo. Il calore dell’urina femminile genera la forma fallica centrale, mentre quella maschile, più fredda, crea i contorni dei petali. Attraverso questa inversione giocosa dei ruoli sessuali, Piss Flowers riflette sull’ambiguità dei generi e sull’impossibilità di ridurli a una singola identità.

Tra ironia e inquietudine, Helen Chadwick ha saputo fondere arte, scienza e filosofia, anticipando temi oggi più attuali che mai: l’identità di genere, la corporeità, l’ecologia, la sensualità come forza insieme creativa e distruttiva. A quasi trent’anni dalla sua scomparsa, Life Pleasures riafferma la sua importanza nel panorama internazionale e il suo contributo decisivo alla ridefinizione del rapporto tra corpo, immagine e linguaggio visivo.

A cura di Sergio Risaliti, Stefania Rispoli e Laura Smith
In collaborazione con The Hepworth Wakefield e la Kunsthaus Graz