Jakkai Siributr. Cultura (im)materiale
al 18 Gennaio 26
31 Marzo
30 Settembre
Tessuti raffinati e ricami preziosi tradotti in installazioni monumentali, a fianco di ricami e manufatti collettivi, elaborati in workshop e dialoghi con le donne delle nostre comunità: una mostra unica che indaga la memoria femminile e le pratiche partecipative, intrecciando le tradizioni tailandesi con le donne del territorio toscano.
Si intitola Cultura (im)materiale la prima personale in Italia del noto artista thailandese Jakkai Siributr (23 ottobre 2025-18 gennaio 2026) prodotta da MAD Murate Art District, Fondazione MUS.E in collaborazione con Università di Firenze con il sostegno di Regione Toscana attraverso il bando ToscanaIncontemporanea Giovani sì e il contributo di Fondazione CR Firenze. La mostra, allestita presso MAD e presso il Museo di Antropologia e Etnologia-Sistema Museale di Ateneo, rappresenta il terzo anno di collaborazione tra le due istituzioni. Il progetto, a cura di Veronica Caciolli e Valentina Gensini, direttrice artistica di MAD, si propone come una retrospettiva sull’opera trentennale dell’artista ma anche come esposizione site-specific che intreccia Oriente e Occidente, memoria e contemporaneità.
Jakkai Siributr (Bangkok, 1969) lavora con il tessuto attraverso un uso iconico del ricamo, del cucito e del quilting ed è considerato internazionalmente come uno dei più importanti rappresentanti dell’arte tessile, una forma d’arte tradizionalmente legata al genere femminile. La peculiarità della pratica di Jakkai è costituita dalla combinazione di lavoro individuale e relazionale. Interessato infatti ai rapporti umani, allo scambio di esperienze e di storie, talvolta traumatiche, l’artista lavora spesso collettivamente, intercettando comunità principalmente femminili e fragili, con cui realizza sessioni di cucito. Esemplare al riguardo è l’installazione ambientale There’s no Place (2019-in corso), costituita da circa cento pezzi di stoffa ricamati assieme a giovani Shan esiliati dal Myanmar, scelta per essere esposta a MAD. La pratica del cucito è intesa dall’artista come meditativa e terapeutica, ma anche quale strumento partecipativo per dare voce a narrazioni minori, taciute, mnemoniche o ereditarie. I risultati finali dei laboratori combinano tradizione e approccio contemporaneo, attraverso la sovrapposizione e la sperimentazione di tecniche e tipologie di stoffe, talvolta assemblate con vecchi indumenti, tessuti e oggetti personali appartenuti ai partecipanti.
Il progetto curatoriale si è concentrato sulla figura di Jakkai Siributr poiché essa intrattiene numerosi e significativi rapporti con le due istituzioni coinvolte. Da una parte, Jakkai è stato selezionato quale influente artista contemporaneo, le cui opere sono esposte e collezionate nei maggiori musei internazionali (tra gli altri FENIX Museum, Rotterdam; The National Taiwan Museum of Fine Art, Taiwan; Asian Art Museum di San Francisco; Bill and Melinda Gates Foundation, Seattle; Vehbi Koç Foundation, Istanbul; The Asian Civilisations Museum, Singapore; The Gerrig-Peterson Collection, Yale University, New Haven). Dall’altra la Thailandia ha una presenza particolare al Museo di Antropologia e Etnologia dell’Università di Firenze, che accoglie nella sua prima sala la collezione di Galileo Chini, a cui l’artista risponde omaggiandolo con un’opera dedicata.
In particolare, l’approccio curatoriale ha voluto dare enfasi ad una pratica sviluppata in due direzioni: quella materiale, principalmente costituita dalla composizione di arazzi e indumenti ricamati, arricchita dalla collaborazione con differenti tipologie di comunità; e quella simbolica o immateriale, performata attraverso la realizzazione di manufatti che recuperano e mantengono vive pratiche tessili tradizionali in via di estinzione, dunque promuovendo attivazione, scambio e incontro di culture. Jakkai è un artista che, come molti altri della sua generazione, ha vissuto l’attrazione per l’Occidente, formandosi in particolare negli Stati Uniti e in Toscana, dove ha dimorato per lunghi periodi nella città di Siena.
Per questo doppio appuntamento fiorentino, il progetto ha dunque previsto la realizzazione di tre percorsi: in relazione al Museo di Antropologia e Etnologia-Sistema Museale di Ateneo, che quest’anno celebra i 250 anni dall’apertura, Jakkai è stato invitato a confrontarsi con la figura di Galileo Chini (1873-1956), noto artista, decoratore e ceramista, attratto dall’Oriente in cui ha a lungo risieduto e dove ha realizzato numerose opere pubbliche, tra cui l’affresco della sala del trono Ananta Samakhom di Bangkok. Parte della sua collezione siamese è stata donata dall’artista proprio a questo museo. Pertanto, Jakkai vi presenta un nuovo abito site-specific dedicato alla collezione dell’artista toscano, assieme a una parte dell’opera Transient Shelter (2014), incentrata sulla riflessione dei rapporti tra vita e morte, ribaltamento dei valori, materia e spirito. Per questa occasione, il museo ha riallestito parzialmente questa sala attraverso nuove opere provenienti dalla Collezione Chini.
Presso MAD Murate Art District, sarà possibile osservare per la prima volta in Italia sia una selezione di opere – tra arazzi, abiti e installazioni ambientali – prodotte dal 2014 ad oggi, sia il doppio lavoro collettivo che l’artista è stato invitato a realizzare assieme alle comunità femminili con trascorsi migratori di Nosotras e Casa delle Donne, ma anche con la nutrita comunità femminile afferente al progetto realizzato dal Comune di Barberino Tavarnelle per trasferire le conoscenze antiche del “Punto Tavarnelle”, in una logica di trasmissione inter-generazionale dei saperi e delle pratiche di alto artigianato. Per questa occasione, Jakkai si è dunque confrontato con i percorsi di queste due diverse comunità femminili, con l’eredità di Galileo Chini, la sensibilità degli studenti e del pubblico, lavorando sulla creatività di ogni persona, tra condivisione di memorie, esperienze, sogni e tensioni, materiali e immateriali.
Si ringraziano Maria Pilar Lebole, progetto OmA presso Fondazione CR Firenze, e Alice Cappelli, Social Designer, per il sostegno all’individuazione delle comunità femminili locali.
Una mostra di Veronica Caciolli
A cura di Valentina Gensini