Thomas Patch a Firenze. La memoria del Medioevo e del Rinascimento

al 15 Dicembre 25
31 Maggio
30 Settembre
«Io dunque ho creduto di far cosa grata a’ curiosi
della nostra Storia ed utile all’Arte,
di conservarne almeno la memoria pubblicando una scelta
per saggio in stampa di teste da me stesso attentamente lucidate,
ed incise, e due gruppi in piccolo…».
Thomas Patch, The life of Masaccio, 1770
In occasione dei trecento anni dalla nascita, Firenze rende omaggio al pittore, incisore, mercante e conoscitore d’arte inglese Thomas Patch (Exeter, 1725 – Firenze, 1782) e al suo profondo legame con la città raccontando le sue imprese editoriali nella mostra “Thomas Patch a Firenze. La memoria del Medioevo e del Rinascimento” promossa dal Comune di Firenze, curata da Giulia Coco e organizzata da Fondazione MUS.E al Museo Stefano Bardini dal 3 ottobre al 15 dicembre 2025, con il coordinamento scientifico di Carlo Francini e di Valentina Zucchi.
Nato e cresciuto in Inghilterra (Exeter, 1725) e stabilitosi a Firenze nel 1755, dopo il periodo romano interrotto da un’espulsione papale, Patch trovò nella città sull’Arno la sua patria d’elezione. Qui divenne figura di spicco della vivace comunità anglofona riunita attorno a Sir Horace Mann e fu allo stesso tempo interlocutore di eruditi, aristocratici e artisti. Talentuoso pittore di vedute e sagace caricaturista, Patch coltivò anche un profondo interesse per l’arte dei grandi maestri toscani del Trecento e del Quattrocento – i così chiamati “primitivi” – anticipando l’ampia fortuna critica che avrebbero conosciuto nell’Ottocento. La mostra presenta infatti le sue pregevoli pubblicazioni su Giotto, Masaccio, Ghiberti, Fra Bartolomeo della Porta, unitamente ad alcune porzioni di affreschi della Cappella Manetti in Santa Maria del Carmine, recuperate dallo stesso artista prima dello smantellamento della cappella e straordinariamente esposti: interventi preziosi, che contribuirono in modo significativo alla diffusione del gusto per il tardo Medioevo e per il primo Rinascimento. Attraverso le sue incisioni Patch restituì al pubblico europeo i capolavori di questi artisti, promuovendone la conoscenza e la valorizzazione.
Opere come The life of Masaccio (1770), The life of Fra Bartolomeo della Porta (1772), The life of Giotto (1772) e la serie di incisioni dedicate alla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze (1772-74, in collaborazione con Ferdinando Gregori) Thirty-four Engravings of the Third Gate of the Baptistery of St. John in the city of Florence rappresentano infatti imprese di straordinaria importanza, capaci di diffondere il prestigio dell’arte fiorentina anche Oltremanica.
In particolare, The life of Giotto preservò per sempre la memoria delle pitture della Cappella Manetti al Carmine, allora attribuite a Giotto e oggi riferite a Spinello Aretino. Patch riuscì non solo a raffigurare le scene e alcuni dettagli tramite incisione ma anche a salvarne alcune porzioni, subito avviati al commercio internazionale e oggi distribuiti in collezioni italiane e internazionali. L’esposizione ne presenta al pubblico una larga parte: attualmente, infatti, sono noti dodici frammenti delle Storie di San Giovanni battista, di cui sette sono esposti in mostra, in prestito dal Museo nazionale di San Matteo a Pisa e dalla Pinacoteca Malaspina di Pavia, offrendo la rara occasione di comparare le scene immortalate da Patch con gli affreschi superstiti, anche grazie a un allestimento particolarmente suggestivo.
Restituire allo sguardo le opere editoriali e gli affreschi staccati consente di mettere in luce la sensibilità di Thomas Patch, raffinato artista, conoscitore e divulgatore, in grado di diffondere la memoria e il desiderio di Firenze in tuta Europa. La sua figura – sotto il segno del Grand tour e in stretto dialogo con il collezionismo inglese – si pone così in dialogo ideale con Stefano Bardini, che nell’Ottocento fondò la propria attività proprio sul recupero e la valorizzazione di opere antiche e affreschi staccati e a cui è dedicato il museo civico.
In occasione della mostra sono previsti alcuni appuntamenti speciali: domenica 19 ottobre alle 11 Giulia Coco presenterà l’approfondimento Thomas Patch e Firenze: memorie di un anglo-fiorentino sulla figura di Patch e della comunità anglosassone a Firenze nel suo tempo; il 23 novembre, sempre alle 11, sarà la volta di Juri Ciani, Maria Grazia Cordua, Giulia Vaccari dell’Accademia di belle arti di Firenze, che, nell’incontro dal titolo Lo storico calco in gesso della Porta del Paradiso: conservazione e nuove strategie di fruizione e valorizzazione, presenteranno al pubblico la pulitura del calco della Porta del Paradiso di Ghiberti custodita presso lo stesso istituto e le due digitalizzazioni fotogrammetriche (prima e dopo la pulitura), indagini scientifiche preliminari alla realizzazione di modelli virtuali, utili per la conservazione e lo studio del manufatto; infine domenica 14 dicembre, allo stesso orario, Federica Pontini, esperta della storia e delle vicende collezionistiche degli affreschi staccati dall’artista in Santa Maria del Carmine sarà protagonista di Thomas Patch e la fortuna dei frammenti murali della cappella Manetti in Santa Maria del Carmine.
Gli incontri sono fruibili con il biglietto di ingresso al museo. Per tutte le iniziative la prenotazione è obbligatoria: info@musefirenze.it 055- 0541450.
Inoltre, in relazione alle indagini in corso sul calco della Porta del Paradiso, presso l’Accademia di belle arti saranno successivamente organizzate due speciali visite allo storico gesso.
Thomas Patch (Exeter, 1725-Firenze, 1782)
Un breve profilo biografico
di Giulia Coco
Thomas Patch nacque ad Exeter (Devonshire, Inghilterra) nel marzo del 1725. Ottavo dei dodici figli del chirurgo John Patch e di Hannah Burnett, studiò medicina al Devon and Exeter Hospital, quindi a Londra, presso il dottor Richard Mead, erudito e collezionista d’arte, che aveva fatto della sua residenza londinese di Great Ormond Street una vera e propria galleria d’arte. Qui Patch conobbe la pittura e la scultura antica e moderna. Abbandonati gli studi di medicina per dedicarsi completamente all’arte, nel 1746 Thomas partì per l’Italia con Richard Dalton, disegnatore, incisore e antiquario, conosciuto nel circolo di Richard Mead. Giunto a Roma, Patch entrò in contatto con Claude-Joseph Vernet, che lo iniziò alla pittura di vedute, soprattutto della campagna laziale e romana, richiestissima da connazionali e forestieri di passaggio come ricordo del proprio Grand Tour. A Roma divenne amico di Joshua Reynolds, che soggiornò in Italia tra il 1750 e il 1752 per il suo viaggio di formazione. I due condivisero un alloggio a Palazzo Zuccari, oltre all’interesse per la caricatura, che Patch praticava sin da quando era studente, tanto da figurare nella Parodia della Scuola d’Atene dipinta da Reynolds nel 1751 (Dublino, National Gallery of Ireland). Nel Natale del 1755 un decreto di espulsione con l’accusa di sodomia, firmato da papa Benedetto XIV, costrinse lo stravagante artista a lasciare rocambolescamente Roma. Diretto a Firenze, Patch si presentò al residente inglese in città, Sir Horace Mann, che divenne presto il suo più intimo amico e promotore e che lo convinse a stabilirsi definitivamente in Toscana. Riferimento per gli inglesi e i forestieri di passaggio a Firenze – tappa obbligata del Grand Tour di artisti e giovani aristocratici che ne frequentavano l’abitazione in via Santo Spirito (Palazzo Manetti) – Mann rese Patch uno dei protagonisti della vita culturale e artistica della città, nella quale il pittore e incisore si integrò brillantemente. Eletto Accademico del Disegno nel 1759, Thomas dipinse innumerevoli vedute della città e dell’Arno coi suoi ponti, ispirate all’opera di Giuseppe Zocchi, oltre a caricature dei connazionali, figurati sia singolarmente sia in gruppo durante i momenti conviviali a Palazzo Manetti. Queste riunioni, legate alla Massoneria, erano frequentate anche da fiorentini culturalmente più brillanti e vivaci, come Antonio e Raimondo Cocchi, e vari membri dell’aristocrazia locale. Antiquario e mercante d’arte, Patch accompagnava spesso i connazionali in visita alle Gallerie degli Uffizi ed era richiesto per expertise. Conoscitore curioso e aggiornato, mise a frutto i giovanili studi in medicina approfondendo le ricerche sulla fisiognomica. L’artista possedeva una copia seicentesca dei Precetti di Pittura di Leonardo da Vinci e gli erano noti gli studi di James Parson e Caspar Lavater, oltre agli scritti di Charles Le Brun sul metodo per imparare a disegnare le passioni. Patch conosceva bene anche De humana physiognomia, trattato cinquecentesco di Giovan Battista della Porta, se in un autoritratto appeso alle pareti di casa Mann e in un’incisione si raffigura con volto umano e corpo taurino, secondo la teoria del parallelismo tra uomo e animale proposti in quell’opera. Infine, in una delle sue caricature di gruppo, La Lezione di Musica (Floors Castle, 1774), l’artista si rappresenta all’estrema destra del quadro mentre mostra a un ospite un disegno con studi di fisiognomica tratto da Le Regole del Fisionomizzare, volume che tiene sotto il braccio. Il testo, frutto delle sue indagini sulla materia, non fu mai pubblicato perché rubato e dato alle fiamme da un conte francese, secondo quanto riportato nell’Ottocento da un discendente del pittore. Colto nel 1778 da un infarto che ne rallentò l’attività, Patch ebbe un secondo e fatale colpo apoplettico il 29 aprile del 1782, mentre era a Palazzo Manetti. Portato nella sua abitazione di via Santo Spirito, l’artista morì il giorno dopo, assistito dall’amico Horace Mann. Fu sepolto a Livorno, il 2 maggio 1782, nel cimitero Acattolico della città, in una tomba distrutta agli inizi del Novecento probabilmente per far posto a nuove sepolture.
Promossa dal Comune di Firenze
A cura di Giulia Coco
Organizzata da Fondazione MUS.E
Coordinamento scientifico di Carlo Francini e di Valentina Zucchi.