5 curiosità sulla mostra “Masaccio e Angelico – Dialogo sulla verità nella pittura”
Tommaso Cassài (per completezza Tommaso di Ser Giovanni di Mòne di Andreuccio Cassài) nasce nel dicembre del 1401 a San Giovanni Valdarno (allora Castel San Giovanni in Altura). Divenne Masaccio a causa della sua scarsa attenzione al modo di vestire, alle cure e alle cose del mondo; pare che desse anche poca importanza al denaro a tal punto da non riscuotere i debiti nei suoi confronti se non nei casi di estrema necessità. Giovanni da Fiesole, nato a Vicchio a fine Trecento, divenne l’Angelico per la grazia e la dolcezza delle sue pennellate, espressa in particolar modo nelle figure angeliche. È Giorgio Vasari, biografo degli artisti, a raccontarci questo nella sua opera Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori.
Sopravvivere a seicento anni di storia non è un’impresa facile e sicuramente non lo sarà stato per le opere presenti a questa mostra. Catastrofi naturali, guerre, incendi, saccheggi sono una spada di Damocle sospesa sul loro destino. È il destino che sembrava attendere una delle opere più notevoli di Beato Angelico, L’Annunciazione.
La pala, risalente al 1430-40 circa, divenne infatti oggetto del desiderio di Hermann Göring, braccio destro di Hitler, autore a seguito dell’armistizio di una vera e propria “deportazione” di beni artistici, destinati a confluire nel museo ariano di Hitler a Linz (Austria), oltre che nella sua collezione privata e in quella di Göring.
L’opera si trovava nella chiesa di San Francesco di Montecarlo a San Giovanni Valdarno, un convento fondato nel 1424, quando nell’autunno del 1943, sapute le intenzioni dell’organizzazione tedesca, venne messa in salvo grazie al lavoro di Rodolfo Siviero, agente segreto ed eclettico cultore e collezionista di ogni forma d’arte, Giovanni Poggi, un appassionato e determinato soprintendente alle Belle Arti di Firenze, e un umile frate francescano del convento di Montecarlo, padre Alfonso Turchetti. I tre furono in grado di anticipare le mosse dei nazisti che, bussando al convento nell’aprile dell’anno successivo, pensando di trafugare l’opera si ritrovano invece davanti a una parete vuota.
Ognuno di noi dà un’interpretazione personale all’opera che ha di fronte secondo quelli che sono i propri canoni, siano essi estetici, morali ecc. È quello che fa Duncan Geddes, professore di malattie dell’apparato respiratorio all’Imperial College di Londra ma anche infaticabile visitatore di musei. Da esperto conoscitore del corpo umano non può non notare forme e pose non conformi alla normalità, specie nella raffigurazione di Cristo bambino nelle opere di Beato Angelico: ad esempio definendo innaturale e malsana la posizione nella Natività (con conseguente rimprovero per la negligenza genitoriale), poco realistica quella assunta nella Circoncisione, sproporzionata la grandezza nell’Adorazione dei Magi (Cristo ha dodici giorni d’età, lo si evince perché i Magi arrivano recando doni per l’Epifania, ma dalla raffigurazione sembra di almeno sei mesi).
Il territorio che fa da sfondo nelle opere in mostra è quello tipicamente toscano, e da un’analisi condotta dal paesaggista Antonio Perazzi siamo piacevolmente sorpresi nel sapere che, in tutti questi anni, è rimasto pressoché immutato. <<Nella Annunciazione di Beato Angelico, i fiori di campo ai piedi dell’angelo sono gli stessi che si possono trovare anche oggi a primavera sul limitare di un bosco della zona [..]. Nella Natività e nell’Orazione nell’orto del Getsemani, sempre opera di Beato Angelico, il profilo caratteristico delle colline del Valdarno rappresenta l’ispirazione ideale per sentirsi in una culla. È il versante orientale, per niente diverso dallo stato attuale, in cui la densità della canopea degli alberi selvatici è contrapposta ai campi coltivati e protetti da recinti. [..] Nella predella della pala di Ripalta di Andrea di Giusto, 1436, i paesaggi riflettono la lezione della Cappella Brancacci. La densità delle colline è la medesima espressione di abbraccio armonioso che potrebbero avere oggi: cime brulle in lontananza incorniciate da conifere, mezze colline con sorbi e meli, campi con filari d’ulivo e cipressi sparsi.>>
Viaggiando sugli stessi binari del notevole segno di rinnovamento che il Masaccio seppe apportare alla pittura nel suo tempo, nel 1968 San Giovanni Valdarno divenne sede di un happening (forma d’arte in cui “qualcosa che avviene“, a cui partecipano paritariamente l’artista e lo spettatore) urbano a opera del gruppo UFO, un evento collaterale previsto per la sesta (e ultima) edizione del Premio Masaccio, pensato come <<un’incursione e un elemento di rottura della rituale vita della città>>. Superurbeffimero n. 7, Chicken Circus Circulation, questo il nome della rappresentazione artistica, consistette nell’invasione della cittadina con l’uso di oggetti gonfiabili e artefatti di cartapesta. Un ulteriore elemento di disturbo per la popolazione locale fu il fatto che il tutto venne programmato in concomitanza (e in contrasto) con la processione religiosa per il santo patrono del paese. A essere particolarmente “presi di mira”, con le armi di una satira sferzante e irriverente, furono i simboli e le tradizioni locali di San Giovanni Valdarno: dai suoi celebrati monumenti sino al pollo ruspante, pietanza tipica della zona. L’effetto creato fu talmente destabilizzante da rendere necessario un incontro a tema “arte e provocazione” con gli organizzatori, al quale parteciparono intellettuali del calibro di Umberto Eco e Furio Colombo.