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  • Dal 30/04/2021 al 04/10/2021
    BEAUTIFUL LIES
    Le opere di Ali Banisadr a Palazzo Vecchio e Museo Stefano Bardini

    Il Museo Novecento esce fuori dalla sua sede in Piazza Santa Maria Novella e come in precedenti occasioni propone un nuovo appuntamento con l’arte contemporanea internazionale in Palazzo Vecchio, nella Sala dei Gigli, e al Museo Stefano Bardini, dove dal 30 aprile al 29 agosto 2021 (prorogata fino 6 settembre a Palazzo Vecchio, fino al 4 ottobre al Museo Bardini), si terrà la mostra BEAUTIFUL LIES di Ali Banisadr (Teheran 1976), a cura di Sergio Risaliti, organizzata da Mus.e.

    Dopo aver lasciato l’Iran a soli dodici anni insieme alla famiglia, Banisadr ha raggiunto prima la Turchia e successivamente gli Stati Uniti, fermandosi in un primo momento a San Diego, successivamente a San Francisco e poi a New York, dove l’artista vive ancora oggi.

    La mostra, la prima dell’artista in un museo pubblico italiano e la prima a Firenze, mette la sua opera a confronto con l’arte e la storia di Firenze: al Museo Bardini i dipinti dell’artista saranno in dialogo con le opere della collezione creata da Stefano Bardini, con i marmi e le pitture medievali e rinascimentali, con i tappeti persiani e con le rilucenti armature conservate nel museo caratterizzato dal celebre ‘blu’ Bardini, mentre in palazzo Vecchio, Banisadr è stato invitato a realizzare tre dipinti site-specific, ispirati dalla lettura della Divina Commedia di Dante, evento speciale immaginato dal direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti in occasione delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta.

    Originario di Teheran, Ali Banisadr si è trasferito negli Stati Uniti con i genitori quando era ancora un bambino. I suoi primi disegni sono stati realizzati nel seminterrato della sua abitazione, mentre tutto intorno crollava sotto i bombardamenti. All’età di vent’anni, Ali Banisadr ha raggiunto San Francisco, entrando in contatto con la scena artistica della Mission School. Si è poi trasferito a New York nel 2000 dove ha frequentato la School of Visual Art. Nel 2006, mentre frequentava la New York Academy of Arts, ha ricevuto una borsa di studio per compiere un viaggio in Normandia. Visitando le spiagge del D-Day, Ali ha vissuto una sorta di “allucinazione”. Racconta di aver avuto la certezza di essere in mezzo a quegli eventi passati, trovandosi a rivivere lo sbarco fisicamente e “di poter sentire i sibili e gli scoppi, di percepire tutto nel corpo come qualcosa di reale”. Quell’esperienza è stata per lui una vera e propria iniziazione e rivelazione. Al suo rientro a New York, ha iniziato a realizzare disegni a carboncino – “più reali di qualsiasi cosa fatta in precedenza, più liberi e istantanei”, tutti basati sul rumore delle esplosioni – simili, in questo, agli schizzi che faceva durante la sua infanzia. “È stata una rivelazione per me perché sentivo davvero questi disegni nel mio corpo – ha raccontato l’artista – Sapevo che questo era un’esperienza troppo importante per non essere portata avanti”.

    Il suo lavoro elabora in questo senso un tipico processo di simultaneità multisensoriale, un tipico esempio di sinestesia, che si ha quando due esperienze sensoriali diverse si trovano a convivere. Ogni suo dipinto è la combinazione in simultanea di intuizioni e percezioni tra memoria visiva, suoni, impressioni, ricordi profondi, immaginazione creativa, altri dati che entrano in gioco in un tutt’uno e allo stesso momento. “Posso dipingere qualcosa partendo dalla memoria, da una vibrazione interiore che vive ancora nel mio profondo, o che si genera da un suono che ho sentito quando ero un bambino… Il modo in cui è nato è stato così reale per me…il cratere dipinto durante quel viaggio sulla spiaggia è apparso così all’improvviso da collegarsi immediatamente al mio primo ricordo di aver udito l’esplosione di bombe e aver visto i crateri nel terreno. Ricordo che tutto è uscito così in fretta che ho usato tutto ciò che c’era in giro, stracci, spatole, ramoscelli o qualsiasi altra cosa solo per trasmettere la sensazione che stavo provando di un ricordo passato”.

    Questa connessione sinestetica tra memoria uditiva e visuale è coerente in tutto il suo lavoro e ne determina la costruzione formale. E se l’immaginario rappresentato è personalissimo e interiore, il modo di formalizzarlo guarda invece continuamente alla storia dell’arte occidentale e alla tradizione del suo paese d’origine. Di fronte alle sue opere, si ritrovano fonti iconografiche da Hieronymus Bosch e Goya, ma anche da Max Ernst e de Kooning, sempre combinate con il ricordo dell’arte persiana. Banisadr è pure attratto dalla pittura di paesaggio del Nord Europa, vivida di contrasti luminosi e sempre attraversata da grandiosi eventi atmosferici: “Per lo più sono sempre stato interessato ai dipinti storici del Rinascimento, poiché sono più allegorici, mitologici e non riguardano un tempo o un luogo particolare. Non sono mai stato un fan dei dipinti di storia del diciannovesimo secolo da quando sono diventati propagandistici e concentrati sulle storie nazionali, su un dato tempo e luogo”.

    I suoi dipinti sono abitati da una folla surreale di decine e decine di figure, che sembrano apparire e svanire nella superficie pittorica dei suoi dipinti che è come raschiata e spazzolata da una tempesta che trascina in un caos apocalittico quelle masse di esseri bizzarri e mostruosi, grotteschi e alieni. Si tratta di un pandemonio, dove il caos è però ordinato, anche se ogni creatura che abita questo universo non corrisponde nei tratti a personaggi riconoscibili e identificabili, come nella tradizione pittorica del passato. Il mondo di Banisadr è turbolento e in procinto di essere spazzato via da un’esplosione violenta, da un cataclisma, una realtà apocalittica. Tutto è in movimento, le diverse zone del dipinto si agitano a velocità diverse, ora le figure se ne stanno impietrite ora sono frenetiche. C’è qualcosa di affascinante e di confuso che rifiuta ogni descrizione oggettiva e il soggetto sembra tanto evanescente, quanto misterioso. Si tratta di composizioni assolutamente affascinanti perché creano stupore e una forte inquietudine. Come una sinfonia dalle note alte, roboanti, e dissonanti, che trova un equilibrio classico grazie alla sapiente organizzazione di piani di profondità, alla temperatura dei colori, alla attenzione appunto sinestetica con cui sono distribuiti i punti di forza all’interno di quel mondo, senza un focus principale e un punto di vista privilegiato.
    La visione è come presa dall’alto a volo d’uccello, e l’occhio non è mai portato a concentrarsi su un unico punto focale, su una sola azione, una figura emergente, mentre la ricchezza e varietà di dettagli quasi antropomorfi o naturalistici lascia quasi storditi, come quando si gira in una giostra e tutto il mondo si snoda su un piano cominciando a sfocarsi in relazione alla velocità. Salta la gerarchia. Banisadr non usa la prospettiva geometrica per allineare secondo importanza i diversi elementi in gioco. Possono venire alla mente i dripping di Pollock anche se il tipo di lavoro eseguito da Banisadr con spatole e pennelli è decisamente diverso. Potremmo pensare a Pollock, Lee Krasner e Willem De Kooning tanto quanto a Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel per questo: per certi versi nei loro quadri, con le debite differenze iconografiche, non riconosciamo un centro, “la loro composizione viene detta per questo all over, perché ogni parte del dipinto, ogni figura che ci metti dentro – ogni animale, albero, qualunque cosa – è importante quanto gli altri. – spiega
    l’’artista -. Non c’è gerarchia. Trovo tutto questo molto interessante. Perché gli occhi possono muoversi nel dipinto e non c’è modo di trovare una figura gerarchica. Tutti sono uguali, tutti condividono questa energia nel dipinto”.

    Attratti da una sorprendente ricerca cromatica procediamo a navigare con lo sguardo in una sorta di cosmogonia eccentrica vista dall’alto per poi calare in basso, verso il microcosmo, animato da innumerevoli dettagli, ed è come se la giostra rallentasse e lo sguardo si posasse su misteriose rivelazioni, esseri
    incomprensibili, improbabili, appartenenti a mondi fantastici, al mostruoso e ultraterreno. Vengono alla mente bestiari surreali e assurdi di epoca medievale, paesaggi orientali dove le pietre assumono forme antropomorfe e di strani animali. Nella sua esperienza estetica convivono astratto e figurativo, il linguaggio modernista e l’immaginario medievale. Il turbinio agitato delle sue tele mette in scena un mondo intero, che attinge al
    passato e al presente, e li costudisce entrambi offrendoci una visione senza tempo e mai circoscritta a un contesto culturale chiuso, ispirandosi in contemporanea all’arte di ieri e di oggi. Questo modo di lavorare è una delle ragioni principali per cui Banisadr è rimasto così affascinato da Dante.
    Anche nei versi della Commedia c’è il mondo intero: l’Alighieri – per Banisadr che ne è un lettore appassionato – ha accolto personaggi della mitologia e dei poemi epici, figure storiche e politici a lui contemporanei. E l’Inferno, a tratti, è quel luogo in cui gli scenari apocalittici diventano reali. Un poema sintetico, un pandemonio che ha fortemente impressionato Banisadr. E questa moltitudine di figure ha contribuito a creare il mondo visionario che tutti conosciamo, un’enciclopedia mondiale della conoscenza.

    “Beautiful Lies” è una delle opere ispirate a Dante che verrà esposta nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, di fronte alla Giuditta e Oloferne di Donatello, ed è stata scelta per dare il titolo all’intera mostra. La “bella menzogna” sotto la quale si nasconde la verità è un’espressione usata proprio dall’Alighieri per parlare delle sue opere e dei poemi allegorici in generale, e si adatta perfettamente al lavoro di Banisadr, che con il suo tratto energico e le sue cromie che spaziano dalla psichedelia al monocromo, mette in scene il suo mondo privato (e quello universale), fatto di violenza e isolamento, di angoscia e meraviglia, ma anche di memoria e immaginazione.

    Dove
    Museo di Palazzo Vecchio
    Museo Stefano Bardini
    Museo Stefano Bardini
    Orari
    LUN 11.00 – 17.00
    MAR -
    MER -
    GIO -
    VEN 11.00 – 17.00
    SAB 11.00 – 17.00
    DOM 11.00 – 17.00
    Biglietti


    Il biglietto della mostra è incluso nell’ingresso del museo
    Museo di Palazzo Vecchio
    Orari
    LUN 9.00 – 19-00
    MAR 9.00 – 19-00
    MER 9.00 – 19-00
    GIO 9.00 – 14-00
    VEN 9.00 – 19-00
    SAB 9.00 – 19-00
    DOM 9.00 – 19-00
    Biglietti


    Il biglietto della mostra è incluso nell’ingresso del museo
    Crediti

    Un progetto Museo Novecento OFF

    A cura di Sergio Risaliti

    Organizzata da MUS.E

    Contatti

    Informazioni

    e.mail: info@muse.comune.fi.it | segreteria.museonovecento@muse.comune.fi.it
    www.museonovecento.it

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