5 curiosità sulla mostra Officina Bardini

1. L’OFFICINA DI PALAZZO MOZZI.

Sebbene i pezzi pregiati della collezione di Stefano Bardini siano in mostra nel Museo che reca il suo nome al civico 37 di Via dei Renai, non tutti sanno che a poca distanza da lì (circa 100 metri a piedi) sorge un luogo di altrettanta, se non maggiore, importanza. Si tratta di Palazzo Mozzi, parte del complesso di palazzi storici acquistati dal principe degli antiquari a fine Ottocento, destinato a diventare il luogo nevralgico delle sue creazioni e dei suoi interventi di restauro. Come ricordava Wilhem von Bode, direttore dei musei di Berlino e suo amico, “il suo palazzo nella piazza dei Mozzi era una grande casa di vendita, mentre l’adiacente palazzo Mozzi era soltanto un colossale magazzino, nel quale non permetteva l’entrata a nessun compratore”.

2. DI PADRE IN FIGLIO.

Seguire le orme dei genitori, specialmente quando questi hanno avviato imperi imprenditoriali come in questo caso, potrebbe rappresentare la via più rapida per il successo. Non sempre, però, è così facile come sembra. Ugo Bardini, secondogenito, ereditò l’intero patrimonio del padre dimostrando negli anni grandi capacità imprenditoriali, avviando nuove relazioni con importanti personalità internazionali del mondo dell’arte. Così come il padre (Stefano Bardini fu agli inizi un promettente studente dell’Accademia di Belle Arti), anch’egli dimostrò particolari doti artistiche: esposti in mostra alcuni dei ritratti che fece agli artigiani impiegati in Palazzo Mozzi.

3. MADE IN BARDINI.

Come detto, Palazzo Mozzi ospitava laboratori in cui abili artigiani si dedicavano non solo al restauro di opere d’arte ma anche alla produzione di nuovi pezzi, spesso repliche di artisti conosciuti in tutto il mondo. È il caso della celebre Madonna delle Nuvole, uno dei più raffinati rilievi ‘stiacciati’ di Donatello, oggi al Museum of Fine Arts di Boston, di cui sarà possibile ammirare anche il calco e le rispettive copie in gesso. Il mercato delle repliche ha fruttato parecchi introiti a Stefano Bardini, abile a spacciarle, spesso e volentieri, per originali.

4. BRUTTA COPIA.

Come si suole dire quando ci si riferisce al foglio di carta che precede la stesura definitiva, in cui sono stati appuntate idee, indicazioni, correzioni di vario genere, così Palazzo Mozzi ha conservato in questi anni moltissimi fogli da disegno utilizzati dagli artigiani per la creazione di elementi costitutivi o decorativi di varie tipologie di arredi. Lungo la mostra, fate caso all’indicazione “ATTENZIONE alle 3 modificazioni marcate in rosso” riportata su un cartamodello che riproduce la zampa di un tavolo rinascimentale o ancora “possibilmente alzare un poco 1⁄2 cm” e “farne una con scanalatura a S” riferite alla decorazione della base di un candelabro.

5. VITA, MORTE E MIRACOLI.

È proprio così, in questa mostra possiamo conoscere davvero da vicino gli artigiani di Stefano e Ugo Bardini. Uomini e donne di cui possiamo vedere i volti nei ritratti eseguiti da Ugo, possiamo quasi toccare con mano una grande varietà dei loro attrezzi del mestiere, possiamo osservarne i disegni che precedevano l’opera compiuta, possiamo persino conoscerne i nomi, lo stipendio, le ore di lavoro grazie ai registri e ai libri-paga conservati negli archivi di Palazzo Mozzi.