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Adrian Paci e l’Arno: racconto di una mostra

“Ho immaginato un passaggio, una barca che va sul fiume, una presenza che è, in qualche modo, naturale per un fiume. Ho voluto aggiungere anche un gesto, un po’ di rottura, rumoroso: un generatore che nutre la propria energia dei fili, fili che vanno sotto l’acqua e portano nella profondità del fiume Arno, profondità misteriosa perchè nascosta dalla torbidezza del fiume, e tentano di portar la luce, di pescare l’immagine del fondo del fiume.”

Un intervento sull’Arno, il passaggio di una barca sul fiume che accompagna lo scorrere dell’acqua mentre si affondano fili di luce che portano l’uomo a conoscere l’entità del profondo e un passato arcaico. È un lavoro di ricerca, sfociato nella creazione di un’opera inedita quello di Adrian Paci, l’artista nato a Shkoder in Albania nel 1969, diplomato all’Accademia d’Arte di Tirana e migrato dalla propria patria verso l’Italia per lasciarsi alle spalle le imposizioni della dittatura comunista. E la vita di esiliato gioca un ruolo centrale nel suo lavoro, affrontando i temi legati all’abbandono, alla memoria e alla nostalgia.

Sebbene le sue produzioni siano state compiute nell’ambito della pittura e della fotografia,  l’arte di Paci è anche legata alla produzione di video nati spesso da performance in cui l’artista si trova ad essere regista dell’opera stessa. I suoi video colgono la quotidianità di persone a lui vicine: a volte coinvolgono la sua stessa famiglia come nel caso del video Apparizione (2001) in cui due schermi affiancati mostrano sua figlia cantare una canzone albanese e nell’altro i suoi familiari, radunati come in un coro, che ne completano i versi.  Radici e tradizione diventano così sinonimo di linguaggio comune capace di unire.

Il tema della perdita e della lontananza dalla propria patria è rievocato dall’opera Home to go (2011).  L’incredibile capacità di Paci risiede nel sapere allargare il proprio punto di vista, trasformandolo da personale a universale e riuscendo a parlare a tutti noi.

Nella mostra “Di queste luci si servirà la notte” il protagonista è il viaggio. L’uomo che attraversa il fiume sulla barca con un generatore di corrente che alimenta fili luminosi diventa attivatore di questo dialogo, senza pretendere di risolverlo. Il generatore, che nell’opera Turn on (2005) dava energia per illuminare i volti dei disoccupati segnati dalla fatica, torna come elemento essenziale. Paci stesso racconta che in Albania spesso erano i generatori a illuminare le abitazioni ed è proprio un generatore a illuminare il fondale torbido e misterioso dell’Arno.

“Ecco allora nasce così questo lavoro “Di queste luci si servirà la notte” come un tentativo di creare questo dialogo tra la superficie e la profondità, tra la luce e il buio e l’uomo che diventa un attivatore di questo dialogo, senza pretendere di risolverlo, senza pretendere di svelare tutto, senza pretendere di portare tutto alla conoscenza”.

La mostra, organizzata da noi, è curata da Valentina Gensini ed è visitabile fino all’11 febbraio 2018; si articola tra Firenze, con il Museo Novecento e Le Murate. Progetti Arte Contemporanea, e sedi di archeologia industriale legate alle comunità di Pelago e Montelupo Fiorentino.

Alla mostra è collegato anche un ricco programma di visite, incontri e attività per bambini, ragazzi, giovani e adulti. Clicca qui per scoprirle!