L’arte e il web. Gioie e dolori

Da una ricerca dell’Osservatorio per l’innovazione nei Beni e Attività Culturali emerge che l’approccio al digital dei musei italiani è, per così dire, ancora molto elementare: solo il 57% dei musei ha un sito e, spesso, la funzionalità di questi spazi web lascia a desiderare se consideriamo che solo il 42% presenta una sezione Dove Siamo e appena il 36% ha una gallery multimediale.

Per quanto riguarda i social network, la situazione non è migliore: il 52% dei musei italiani ha almeno un account social, ma la percentuale scende al 13% se consideriamo le tre principali piattaforme Facebook, Twitter e Instagram.

Come comunicano sui social questi musei? Nella maggior parte dei casi forniscono ai visitatori informazioni di natura tecnica (orari, biglietteria, aperture e iniziative speciali, etc…).

Nel frattempo, nel mondo, le campagne marketing che riscuotono più successo sui social e sono più apprezzate sono quelle basate sulla creatività.

Da questa convinzione nasce nel 2014, grazie all’iniziativa di alcuni musei francesi, la Museum Week: un progetto che ha lo scopo di avvicinare le persone alla cultura e incentivarle a visitare le istituzioni culturali.

La prima edizione si è svolta quasi esclusivamente su Twitter ed è stato un successo senza precedenti: 104.336 tweet, pubblicati da 57.740 persone, per un confronto in tempo reale sulla cultura che ha coinvolto utenti da tutto il mondo. In cosa consiste, in pratica? Ogni giorno, viene lanciato dal canale ufficiale dell’iniziativa un tema, con un hashtag dedicato, che  musei e visitatori sono chiamati a interpretare a loro modo.

Fin dalla prima edizione, si sono moltiplicate iniziative con format simile che hanno dimostrato che la cultura e l’arte possono essere comunicate in maniera diversa, creativa e accattivante, cambiando solamente il modo di raccontarsi.

Interagire con gli utenti e non essere lontani dai visitatori è una pratica fondamentale, perché avvicina i visitatori ai musei e allo stesso tempo rende le istituzioni più umane, meno ingessate e distaccate. Partendo da questo presupposto il Palazzo Madama di Torino, nel 2014, ha utilizzato l’hashtag #museumselfies per creare una bacheca su Pinterest. Bella idea per coinvolgere il pubblico e ottimo il risultato: un percorso museale inedito tracciato dall’insolito punto dei vista dei suoi visitatori.

Anche il Centre Pompidou di Parigi ha invitato i propri visitatori a giocare con la fantasia: il museo ha chiesto agli utenti di immaginare una relazione impossibile tra soggetti di opere diverse. Qui l’hashtag era #imagineMW: coinvolgimento e creatività.

Attirare l’attenzione dell’utente è fondamentale per coinvolgerlo: spostare il focus dal museo al visitatore, mettendolo al centro, fa sì che sia lui stesso a voler partecipare attivamente per sentirsi protagonista. Contenuti del genere, possono essere un buon punto di partenza per una strategia di storytelling.

In generale, la best practice è quella di proporre agli utenti un punto di vista differente, offrire qualcosa che di solito i visitatori non possono vedere. I contenuti speciali sono la chiave di volta di una strategia di successo a lungo termine, ma funzionano bene anche per eventi spot, come la Museum Week.

Per esempio il Whitney Museum di New York ha reso protagonista dei suoi contenuti la struttura del museo, twittando il timelapse della costruzione di una nuova ala. L’hashtag era #architectureMW.

Sfruttando bene l’hashtag #secretsMW, alcuni musei si sono divertiti a mostrare qualcosa di speciale: i loro segreti, nel vero senso della parola. Il Grant Museum di Londra ha raccontato l’intrigante storia di una minuscola porta di cui non ha mai avuto la chiave e la Morgan Library di New York ha realizzato un video per svelare una libreria nascosta dietro un’altra libreria. Anche al British Museum di Londra ha mostrato i suoi  passaggi segreti.

Sempre a proposito di segreti, quello del Guggenheim di New York è straordinario: nella parte interna del muro curvo della struttura c’è “Alicia” un murales nascosto di Joan Mirò e Llorens Artigas.

 

La National Gallery di Londra ha contribuito all’hashtag #secretsMW interpretandolo diversamente, e forse cogliendo ancora meglio il tema del topic: durante un restauro, il team del museo ha scoperto che un intervento ha cambiato quasi radicalmente l’aspetto di un ritratto. Un contenuto originale (non sarebbe stato possibile vederlo in nessun altro modo) che allo stesso tempo ha dimostrato come il museo si avvalga di professionalità di grande valore. Due obiettivi raggiunti con una comunicazione!

Sempre in tema di persone che lavorano dietro le quinte, la MuseumWeek ha dato la possibilità di umanizzare i musei e di avvicinare il loro pubblico. È il caso della Reggia di Versailles: una foto mostra l’impressionante squadra di giardinieri che ogni giorno si prende cura del parco della reggia. Qui il tema era #poseMW, “mettersi in posa” che ha dato la possibilità di dare visibilità a alle maestranze che ogni giorno lavorano dietro le quinte. L’hashtag era semplice ma rischioso, perché poteva essere utilizzato in maniera molto banale, ma la Reggia di Versailles ha colto bene le sfumature del tema trovando un punto di vista originale.

La MuseumWeek è stata anche un modo per i musei di collaborare tra loro. Invece di competere, diverse istituzioni hanno deciso di “fare rete”. È il caso dei musei parigini che si sono messi in posa passandosi le grandi lettere che formavano la parola MuseumWeek dimostrando di lavorare tutti per la stessa causa. Anche questo un modo alternativo di sfruttare l’hashtag #poseMW.

 

In pratica, in questi quattro anni di Museum Week, le iniziative migliori sono nate sempre da punti di vista originali e poco convenzionali, che hanno interpretato un cambiamento di prospettiva per potersi raccontare davvero.

Il modo migliore per farsi conoscere e creare coinvolgimento è stato quello di mostrare qualcosa di diverso, sia nel contenuto sia nella forma. Infatti, come abbiamo visto, anche trovare un modo originale per raccontare qualcosa che visitatori già conoscono è davvero importante.

Se si vuole avere successo sui social network, bisogna uscire dalla logica del racconto didascalico: per quello esistono già numerose pubblicazioni tradizionali. La comunicazione digital, che si basa sulla velocità e ha a disposizione solo pochi secondi per catturare l’attenzione degli utenti, necessita di molto di più: idee nuove e insolite.

Quindi: contenuti originali, creatività e cambiamento di prospettiva. Questi sono i punti di partenza per costruire un percorso di storytelling articolato, capace di appassionare e creare engagement. Per raccontare quanto di bello c’è nei nostri musei, mostrando non solo le opere in esposizione, ma anche tutto quello che c’è dietro.

Emanuele Meschini
Agenzia Profili

[Questo articolo nasce da una collaborazione della quale siamo molto contenti: quella con la società di consulenza Profili, nostro partner nella comunicazione istituzionale per tutto il 2018]