Gamification e musei: trasformare la visita in un gioco per attirare visitatori
Sapete in cosa consiste la gamification? È una tecnica di marketing che, grazie all’interattività e alla connessione possibili con gli strumenti digital, permette di sfruttare il concetto di “divertimento” per raggiungere obiettivi di vendita. “Come?” direte voi. Si tratta di creare un sistema che metta in comunicazione gli utenti: da un lato chi propone dall’altro chi ne usufruisce, in modo che l’obiettivo finale sia conveniente per tutti quelli che vi partecipano. Attraverso la ricompensa, raggiungibile tramite le dinamiche tipiche del gioco, è possibile per esempio stimolare la vendita o l’utilizzo di un prodotto, la distribuzione di informazioni, l’iscrizione a un sito web o un abbonamento e così via.
Si sfruttano gli elementi ludici (far divertire) in modo da trasformare un’esperienza, magari noiosa e stressante, in qualcosa di divertente. Si crea coinvolgimento perché gli utenti diventano protagonisti; si crea motivazione fornendo un’esperienza più leggera; si crea loyalty perché gli utenti restano in rapporto con il brand; si crea viralità attraverso le applicazioni che fanno parlare dell’azienda sui social media aumentandone la rilevanza e l’influenza. Uno studio del 2015 di Pulselearning dimostra che la gamification è uno strumento molto efficace per costruire e aumentare l’engagement incoraggiando il fruitore a compiere un’azione.
Uno dei primi esempi di gamification marketing della storia risale agli anni ’30 quando in America l’azienda di S&H Green Stamps decide di distribuire le sue stampe (anche Andy Warhol le ha utilizzate per creare un’opera) a numerose attività commerciali. I negozianti le regalavano ai clienti che partecipavano all’iniziativa come premio per aver effettuato un acquisto, generando una vera e propria corsa alla collezione che non solo portava nuovi clienti alle attività ma, in primis, aumentava la brand awareness di S&H Stamps.
Ma, nel mondo dell’arte e della cultura, come può essere utilizzata questa pratica? In molti modi diversi: ecco di seguito alcuni esempi di gamification originali e di successo.
Il primo è quello della Public Library di New York, che già nel 2011, in occasione della caccia al tesoro che ogni anno si tiene all’interno delle sale, ha lanciato un’applicazione che ha trasformato la biblioteca in un enorme reality game in cui i partecipanti hanno dato la caccia nei sotterranei a 100 oggetti. “Find the future”, questo il nome, è il gioco che ha avvicinato i giovani alla cultura e alla lettura attraverso un’esperienza unica nel suo genere.
Un esempio più vicino a noi è quello di “Father and Son”, il primo videogioco in Italia a essere stato realizzato per un museo e da un museo: il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Si tratta di un’applicazione, semplice ma ben fatta, che porta l’utente a ripercorrere la storia di un figlio che, dopo aver ricevuto una lettera dal padre, si avventura per Napoli, raggiungendo proprio il Museo Archeologico. Il viaggio, attraverso la città e le epoche, lo aiuta a ritrovare sé stesso e gli insegnamenti paterni. Tra passato e presente, il figlio (il giocatore) scopre quanto la storia sia importante e quanti suoi riferimenti si possano cogliere anche nel presente. Il gioco permette di visitare il museo dallo schermo dello smartphone però coinvolge attivamente il giocatore che, per ottenere funzionalità extra e finire il gioco, deve fisicamente fare il check-in nel museo e visitarlo. “Father and Son” ha ottenuto grande successo: 1.400.000 download per questo prodotto decisamente creativo.
Arriva da Milano, invece, un ChatBotGame chiamato “Di casa in casa” e che si gioca su Facebook Messenger dopo aver acquistato l’apposita Case Museo Card. Gli utenti interagiscono in chat con un personaggio virtuale che, oltre a svelare aneddoti e curiosità sulle Case Museo e i quartieri milanesi che le ospitano, li conduce a trovare una serie di indizi nascosti nei luoghi del gioco (Casa Museo Boschi di Stefano, Museo Bagatti Valsecchi, Museo Poldi Pezzoli, News, Villa Necchi Campiglio). Sempre guidati dalla guida del personaggio virtuale in chat, i giocatori riusciranno a sconfiggere un misterioso mago del Rinascimento, realmente esistito.
Anche l’associazione dei musei di Seoul (SMA) ha deciso di affidarsi a Internet e alle tecniche di gamification in occasione della Settimana dei Musei 2013. I 24 musei cittadini sono stati riuniti in un unico sito web nel quale i visitatori venivano incoraggiati a risolvere 24 missioni in 24 differenti location nell’arco temporale di 7 giorni (18-24 Maggio). Entrando in uno dei musei connessi, il visitatore trovava nella hall una postazione multimediale. Sullo schermo appariva la sfida da portare a termine all’interno della struttura museale dove era racchiusa la risposta. La successiva fase portava il visitatore a esplorare il museo alla ricerca della soluzione: una volta trovata la risposta, occorreva tornare all’inizio del percorso per inserire la risposta nella postazione multimediale. Il gioco si concludeva con un premio per gratificare il giocatore per l’impegno e il raggiungimento dell’obiettivo.
Ancora diverso, invece, l’approccio del Beaty Biodiversity Museum negli Stati Uniti. Richiamando il grande successo dei Pokemon, il museo ha realizzato Phylo Card Game, un mazzo di 48 carte dedicate agli animali, del costo di 12.99 dollari. Le schede sono state curate dal personale scientifico del museo, che ha abbinato l’accuratezza scientifica a quella narrativa. Un’idea straordinariamente semplice quanto coinvolgente per diffondere conoscenza utilizzando un linguaggio giovane e moderno. Questo strumento ha il grande pregio di poter essere riutilizzato fuori dalla struttura museale, dando vita a fenomeni quali collezionismo, scambio tra giocatori e tornei.
Infine Nexto, un’applicazione per smartphone che ha trasformato le audioguide in un gioco attraverso la realtà aumentata. La logica è semplice: l’utente deve cercare nuovi monumenti in giro per le città per poter sbloccare badge, salire in classifica e avere accesso a nuove sfide. Nato sul finire del 2017, Nexto per ora è attivo solo a Berlino ma i presupposti sono buoni perché questa applicazione venga esportata anche in altre città di tutto il mondo.
Questi sono alcuni degli esempi che hanno fatto della gamification un valido strumento di marketing culturale. Sebbene con metodi e argomenti differenti, il focus rimane lo stesso: per comunicare più efficacemente servono idee e approcci originali capaci di modificare la prospettiva e incuriosire. La gamification aiuta a costruire un percorso di storytelling in grado di parlare (e far parlare) di qualsiasi argomento. Ogni museo ha molto da raccontare e con questa tecnica estremamente creativa potrebbe ottenere grandi risultati a livello di coinvolgimento del pubblico, purché accolga la sfida affrontandola con originalità.
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Emanuele Meschini
Agenzia Profili
[Questo articolo nasce da una collaborazione della quale siamo molto contenti: quella con la società di consulenza Profili, nostro partner nella comunicazione istituzionale per tutto il 2018]