Il museo secondo i giovani artisti
Proiettato sulla schermo nella stanza buia, un video. I suoni si ripercorrono, una litania composta da parole conosciute che ripetute si trasformano lentamente in un mantra. Le voci si mischiano una all’altra, fino a diventare un suono così familiare da esser sconosciuto. L’immagine è quasi statica, un pavimento di marmo che riflette quadri proiettati in uno specchio estraneo.
Nella stanza buia, nessuno si muove. Sono tutti ipnotizzati dalla secrezione di parole e immagini, come se il tempo stesso fosse contenuto in una bolla accessibile solo ai fortunati entrati in quel micro universo nato attorno alla video installazione. Di fronte alle immagini proiettate sta seduto un uomo sulla settantina. I contorni della sua figura compaiono nitidi, delimitati dalla differenza tra il suo corpo non illuminato e le radiazioni luminose trasmessa dal video di fronte a lui. Una figura persa nel limbo del significato della marea audiovisiva di fronte a lui, le parole pronunciate tutte con la stessa cadenza, una corrente di frasi che sembrano sommergerlo.
L’installazione si chiama “Sentences”, un’opera collettiva realizzata da giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze – Leonardo Bastiani, Matteo Coluccia, Silvia Cogotzi, Silvia Coppola, Davide D’Amelio, Valentina De Florio, Dalila Doro, Stefano Giuri, Jessica Guerzoni, Lori Lako, Francesca Lo Russo, Davood Madadpoor, Michela Massei, Leonardo Meoni, Antoliana Palmisano, Luca Puri, Giulia Spugnoli, Zoya Shokooi – chiamati a reinterpretare la opere della Collezione Alberto Della Ragione, parte dell’allestimento presente all’interno del Museo del Novecento. L’opera appena descritta è solo uno dei numerosi esempi con cui il museo incoraggia giovani artisti ad esprimersi e trovare spazio nell’universo in perenne cambiamento dell’arte contemporanea. Un’altra prova è “Le parole degli artisti”, un reading corale proposto dagli allievi de “la Stanza dell’Attore”, un laboratorio teatrale diretto da Giovanni Micoli. I partecipanti sono tutti ragazzi delle superiori, impegnati alla terza collaborazione con il Museo del Novecento. Perfettamente immobili di fronte a vari quadri, i giovani recitano pensieri, lettere e poesie degli artisti della collezione, cercando di catturare le emozioni che le pennellate dietro di loro rappresentano.
Micoli, il direttore artistico del progetto, spiega come i ragazzi siano invitati ad utilizzare il metodo Stanislavskij per recitare, un sistema ormai celebre in tutto il mondo per l’approfondimento psicologico necessario per poterlo adoperara, dove attore, autore e personaggio diventano una cosa sola. E in effetti i ragazzi, mentre leggono le frasi, paiono trasmutarsi e diventare tutt’uno con il dipinto a cui stanno di fronte. Una studentessa, recitando Depero, si trasforma nelle linee e nelle curve cariche di energia cinetica de “Nitrito in velocità”, le parole ribollenti di vita propria. Un altro ragazzo, davanti a “La Pisana” di Martini, si squaglia lentamente con voce vellutata, creando un collegamento con l’espressione pacifica della statua. Ed è proprio grazie alle voci e agli sguardi di questi giovani attori che l’arte contemporaneamente smette di essere incompresa per affacciarsi e mostrarsi nella sua interezza.
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di Alfredo Arvalli e Linda Pedraglio
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[questo articolo nasce dalla collaborazione con la Scuola di linguaggi Fenysia]