La mia esperienza al Museo di Palazzo Vecchio

Vi presentiamo qui un testo di Barbara Ottaviani, che ha trascorso un periodo con noi come esperienza di inserimento sociale e che ringraziamo per la splendida collaborazione. Il suo contributo alla nostra attività è stato prezioso, così come lo sono per noi – e ci auguriamo anche per voi – queste sue parole. Buona lettura!

La mia esperienza al Museo di Palazzo Vecchio è avvenuta grazie a un tirocinio che ho svolto presso MUS.E per un anno, dall’inizio del 2019 all’inizio del 2020, durante il quale ho svolto un’attività di supporto alle visite guidate e ai laboratori per le scuole.

Palazzo Vecchio è un luogo affascinante perché non è solo un museo, è un luogo vivo;  è il Palazzo che è sempre stato il centro della vita cittadina, prima come Palazzo Comunale nel Medioevo, poi come residenza dei Medici al tempo della Signoria e del Granducato, poi ancora come sede del governo al tempo di Firenze Capitale, oggi come municipio. Entrare a Palazzo Vecchio quindi significa ripercorrere tutta la storia di Firenze.

La sensazione più frequente che provavo era di entrare nel passato, ma anche di far parte della storia presente del Palazzo e di doverla conservare e tramandare.

Il Palazzo mi suscitava anche una certa riverenza e soggezione, soprattutto quando guardavo i ritratti di Cosimo I de’ Medici e di Eleonora di Toledo;  questa era la mia sensazione prevalente e l’ho provata fin dal primo giorno. Il Palazzo è stato progettato e decorato con il preciso scopo di suscitare riverenza e soggezione in chi entrava, soprattutto nelle ristrutturazioni volute da Cosimo I che era ben consapevole del proprio ruolo. Il Palazzo ancora oggi trasmette la chiara percezione  del potere mediceo e dell’immagine gloriosa che la famiglia voleva dare di sé ai fiorentini, ai forestieri e al mondo.

La presenza della cultura classica è tipica di tutta la cultura rinascimentale, ma a Palazzo Vecchio assume anche  la funzione di accostare la famiglia signorile alla gloria dei personaggi classici, a tal punto che i Medici si accostavano agli dei mitologici definendosi “gli dei terrestri”; ad esempio  negli affreschi di dei ed eroi dell’antichità come Giove o Ercole è evidente non solo l’amore per il mondo antico ma anche, e soprattutto, la  volontà di trasmettere un’immagine allegorica, fino al punto di rappresentare Cosimo I simile a un dio al centro del soffitto del Salone dei Cinquecento. La sensazione che l’esperienza di tirocinio nel Palazzo mi ha suscitato è stata prima di tutto una grande consapevolezza della nostra storia e di essere responsabile nel conservarla, comunicarla e trasmetterla.

Nel Palazzo è molto interessante l’alternanza di spazi pubblici, come per esempio il Salone dei Cinquecento, la Sala delle Udienze dove il Granduca Cosimo I parlava agli ambasciatori, e spazi della vita privata dei Medici, come la Camera Verde e la Sala di Gualdrada, in cui Eleonora di Toledo trascorreva le sue giornate con le dame della corte, o lo Studiolo dove Francesco I si ritirava quando era libero dagli impegni di governo. La duplice funzione di Palazzo pubblico e privato è evidente nell’alternanza di affreschi che glorificano le imprese e i personaggi fiorentini e di ricordi di vita quotidiana della famiglia. E’ molto interessante anche l’intreccio  tra l’aspetto medievale del Palazzo, che si è sempre conservato con le sue forme semplici e severe, e l’aspetto rinascimentale, che tende verso un’immagine di armonia e perfezione e che si arricchisce di decorazioni e di riferimenti mitologici, ispirati dall’amore per i classici tipico del Rinascimento. Palazzo Vecchio testimonia come il mondo classico venisse considerato come un patrimonio di valori di vita che potevano essere recuperati e rivissuti nel presente, non solo un modello artistico fine a se stesso.  Tutto il Palazzo testimonia un equilibrio tra la maestosità medievale e l’armonia rinascimentale, questa è una caratteristica di quasi tutti i monumenti e gli spazi di Firenze e forse della città in sé.

La stanza che mi piaceva di più era il Salone dei Cinquecento perché è quella che più evoca l’atmosfera medicea e la vita di corte. Lavorando nell’attività di supporto alle visite con MUS.E ho potuto vedere come lo stesso museo, in questo caso il palazzo che racchiude tutta la storia della città, sia un luogo aperto a un pubblico di varia provenienza, le famiglie italiane e straniere, i gruppi, le scuole di vario ordine e grado, con tante attività come le visite in costume per i ragazzi più grandi o le attività giocose per i bambini.

Il mio tirocinio è stata un’ esperienza bellissima sia per tutto quello che ho imparato sia per i rapporti con le persone, che mi hanno accolto all’interno del particolare lavoro che svolgevano. Ho potuto vedere da vicino e collaborare con varie attività organizzate da MUS.E come le visite per le famiglie, quelle per le scuole e per i gruppi italiani e stranieri, attività che richiedono una mediazione tra l’arte e ogni particolare pubblico.  Mi hanno colpito le visite per la scuola dell’infanzia perché ho potuto vedere come l’arte può essere presentata anche a bambini piccoli; alla scuola dell’infanzia io non ho avuto questa possibilità e per me era un’esperienza nuova che non sapevo immaginarmi.  E’ stato molto bello vedere la grande forza comunicativa dell’arte che raggiunge bambini che ancora non hanno una consapevolezza storica, grazie alle visite pensate per loro come la bellissima attività Per fare una città ci vuole un fiore, che permette ai bambini di conoscere il simbolo civico dell’iris, o alle attività sui  colori che mostrano ai bambini come all’origine dei colori ci siano i materiali naturali.  Queste attività hanno permesso anche a me di riflettere su quello che ci circonda e mi hanno consentito di osservare come i bambini inizino a conoscere il mondo dell’arte e della natura grazie a visite pensate per loro con un specifico fondamento pedagogico, realizzate con grande attenzione e consapevolezza delle esigenze dei bambini di oggi. Anche le attività per le scuole secondarie  sono  state sempre molto apprezzate dai ragazzi  che vivevano il passato come una presenza viva,  per esempio con le visite di teatro nella storia in cui si divertivano moltissimo, o con l’esplorazione degli scavi archeologici. L’attività dell’affresco, con bambini e ragazzi più grandi, è stata un’esperienza bellissima in cui ho imparato, vedendo e toccando, come si realizza un affresco anche nei particolari, insieme ai ragazzi e ai bravissimi mediatori che spiegavano con semplicità quest’antica arte. Penso che queste esperienze siano un modo per mostrare ai ragazzi la concretezza del passato, che non è  chiuso nei libri ma ci circonda e fa parte della nostra vita quotidiana; anche a me è rimasta questa consapevolezza.

Inoltre nell’esperienza di tirocinio ho conosciuto tutte le attività che si svolgono in un museo come le attività legate alla segreteria e alla comunicazione con il pubblico e con altri musei, la prenotazione delle visite, la biglietteria, l’accoglienza, molteplici attività che si svolgono nel museo per permettere alle persone di conoscere e amare questo straordinario Palazzo.

Prima Palazzo Vecchio per me era la Torre che svettava sulla città, ora lo vedo come un luogo vivo in cui si incontrano passato e presente.

Barbara Ottaviani