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Numeri, spirali, igloo. Il mondo di Mario Merz

Mario Merz è tra gli artisti italiani contemporanei più celebrati ed apprezzati, sicuramente uno dei più noti autori del Movimento artistico dell’Arte Povera. Eppure, come spesso accade con i linguaggi della contemporaneità, la sua arte può apparire ostica ai più…

La mostra YTALIA presenta diverse opere del maestro milanese:  vi proponiamo un breve viaggio tra igloo, numeri e spirali per conoscere uno degli artisti più importanti del nostro Novecento.

 

Neon e Numeri  

Nelle opere di Merz sono spesso presenti parole e numeri, spesso composte a partire da tubi di neon. Se le parole prendono la forma di frasi o di domande, i numeri invece fanno invece sempre riferimento alla cosiddetta “serie di Fibonacci”, a cui Merz si appassionò alla fine degli anni ’60 leggendo i testi del filosofo naturalista toscano Leonardo Fibonacci. Quest’ultimo, all’inizio del 1200, per studiare come evolveva la popolazione di una colonia di conigli, aveva individuato una sequenza matematica nella quale ogni numero è dato dalla somma dei due precedenti (1,2,3,5,8…). Fino al XIX secolo a questa successione non fu attribuita alcuna importanza, finché si scoprì che poteva essere applicata, per esempio, nel calcolo delle probabilità, nella sezione aurea e anche nella natura, per esempio nella disposizione delle foglie di un albero. Insomma, una serie numerica che sta alla base della nostra realtà.

A partire dal 1970, Merz inizia ad introdurre la sequenza di Fibonacci all’interno di molte sue opere (ad esempio su alcuni igloo, o direttamente sulle pareti, in relazione ad animali o oggetti della vita quotidiana che compongono le sue opere). I numeri di Fibonacci rappresentano i processi di crescita del mondo naturale e rimandano anche a un’idea di continua trasformazione ed evoluzione, una sorta di successione potenzialmente infinita. Al Forte di Belvedere ad esempio, su una parete al piano terra della Palazzina, compare un caimano e questa sequenza numerica…

Igloo e spirali

Nel 1967 Mario Merz realizza il suo primo igloo, e da quel momento in poi ne realizzerà moltissimi utilizzando i materiali più disparati. L’igloo è la tipica abitazione invernale degli Eschimesi, a forma di mezza sfera, composta di blocchi di neve disposti a spirale decrescente. Merz sceglie questa forma perché ricorda uno stadio primordiale della civiltà umana, quando l’esistenza dell’uomo era a diretto contatto con la natura. È un’unità abitativa minimale, che appartiene a molte culture antiche diverse tra loro.

Gli igloo di Merz sono cangianti e mobili, assumono dimensioni diverse a seconda dei materiali con cui di volta in volta vengono realizzati (metalli, fango, sacchi di sabbia, rami, cera, pietre etc.) e dei luoghi in cui sono presentati. La forma a cupola ricorda la perfetta simmetria della calotta celeste e di molte chiese, mentre i materiali e le dimensioni richiamano sensazioni differenti. Alcune volte sono chiusi e rimandano a un’idea di accoglienza e di protezione da quanto ci circonda, altre sono aperti suggerendo un’apertura verso l’esterno.

Ad esempio l’opera Igloo esposta al Forte Belvedere è costruita con pietre e morsetti di metallo che evocano l’idea di un’abitazione provvisoria, temporanea, nomade.
L’opera 74 gradini riappaiono in una crescita di geometria concentrica nel chiostro della basilica di Santa Croce presenta invece numerosi  igloo privi di pareti, che si aprono verso l’esterno. In questo caso la singola abitazione si moltiplica a formare un piccolo assembramento, in cui le singole strutture, aperte e non chiuse, fanno riferimento al dialogo e all’idea di comunità.

Forme che ritornano

Il tema del riutilizzo è un principio che governa le sue opere sia da un punto di vista formale, che concettuale. Per Merz la realtà è soggetta ad un dinamismo costante, le cose continuano ad esistere sotto altre forme anche quando all’apparenza sono scomparse, come in una progressione continua. Allo stesso modo le opere non si concludono al momento della loro realizzazione ma continuano ad esistere e a trasformarsi nel tempo, in una concezione non lineare bensì circolare anche del pensiero artistico.

Ecco perché molti materiali provengono ad esempio dal mondo naturale (come i rami, le foglie, la frutta), o si riferiscono al mondo animale (come le riproduzioni di rinoceronti, i caimani, le iguane) o dalla vita quotidiana (come i giornali, i tavoli, gli impermeabili, i tubi al neon).

 

Vi abbiamo chiarito le idee?

Siete pronti per andare alla scoperta delle opere del maestro?

Trovate Merz al Forte di Belvedere, ma anche a Santa Croce e a Palazzo Pitti. Buona visita!